La Persia, insieme al mondo turco, è all’origine delle più belle produzioni di tappeti annodati. Segno del suo prestigio, l’espressione “tappeto persiano” è a volte utilizzata abusivamente per indicare tutti i tappeti orientali.
L’arte del tappeto non è un’arte specificatamente islamica. L’annodatura e il telaio esistevano infatti centinaia di anni prima della nascita dell’Islam, e i motivi e i simboli utilizzati ancora oggi risalgono forse alla preistoria. L’Islam permise tuttavia il loro sviluppo e la loro diffusione e la creazione di forme originali, come il tappeto di preghiera.
Per gli Occidentali il tappeto è un oggetto di lusso, ma per gli iraniani è un oggetto quotidiano e pratico e un segno esteriore di ricchezza. E’ il mobile per eccellenza nelle tribù nomadi, blasone di un clan, di una società, di un’arte di vivere. Attraverso i suoi simboli e la sua bellezza veicola anche valori culturali e spirituali. Ad esempio, evocando il paradiso, nel Corano (IV, 76) si narra che i credenti riposeranno su splendidi tappeti.
Le origini del tappeto restano ad oggi misteriose. Il più antico tappeto conosciuto è stato scoperto nella regione dei Monti Altai, in Siberia, appartenente ad un principe Scita del IV o V secolo, con nette influenze achemenidi persiane. Nessun altro esemplare anteriore al XVI secolo ci è pervenuto ad ora. E’ solo da testi e miniature che si risale ai motivi geometrici e ai cambiamenti di stile succedutisi nelle varie epoche. Ad esempio i tappeti timuridi sono arricchiti di motivi cinesi (animali, uccelli, pavoni, loti) portati dai Mongoli. A partire dai Safavidi (XV-XVI-XVII secolo) si abbandonano i motivi geometrici e rettilinei risalenti allo stile turco dell’era selgiuchide per una armonia organica e floreale di giardini, animali e piccoli personaggi. Attraverso poi il commercio di tappeti e seta con l’Europa (e successivamente anche con la Russia nel XVIII secolo), si introducono nuovi motivi di stile europeo e si arriva ad un declino nella qualità e all’uso di coloranti chimici.
In parallelo a questa produzione cittadina è esistita una ricchissima e varia creazione di tappeti nomadi, annodati o tessuti, con una estetica sobria e intensa, più stilizzata e meno naturalista, con motivi geometrici ed una gamma di colori più limitata. Il tappeto nomade tessuto o kilim ha numerosi metodi di tessitura secondo la complessità del motivo, ma è lavorato sempre per zona di colore e non per fila, contrariamente al tappeto annodato.
Le materie prime dei tappeti persiani sono la lana (di montone e pecora in primis, o di capra), il cotone, la seta, e in certi tappeti lussuosi i fili d’oro o d’argento. Dopo esser stata tagliata, cardata e filata, la lana viene tinta con prodotti a volte chimici, ma spesso naturali. La tintura della lana è stata nella storia solitamente effettuata con prodotti naturali: il rosso ottenuto dalla cocciniglia, dal catrame, dalle radici di robbia, dal succo di ciliegia o melograno; il giallo dallo zafferano, dalla curcuma, dalla scorza di melograno; il blu dall’indaco; il verde dall’acetato di rame; il marrone e nero dal boro, dal tabacco e dal the.
La realizzazione di un tappeto ha un significato molto ricco. Colonna vertebrale del tappeto, i filati di ordito evocano l’asse immutabile e divino del mondo, che collega la terra al cielo, mentre i filati orizzontali della trama simbolizzano la tessitura infinita dei mondi e dei destini. Il tappeto è una immagine dell’universo, dove le creature sono annodate e tessute da Dio sulla catena della sua onniscienza. Secondo la sua decorazione, é anche una figura astratta dell’anima, del suo equilibrio e della sua complessità.
Ogni tappeto è un mondo in miniatura e riflette gli ideali, i valori e la vita di una collettività. Porta verso l’invisibile, alla soglia dell’anima. Può essere il supporto per una meditazione infinita lungo i sensi intrecciati del tessuto. I simboli dei colori e delle forme hanno delle virtù rigeneranti e illuminanti. Che siano nomadi o cittadini, i tappeti fanno ricorso agli stessi archetipi: la composizione e le figure geometriche (segni metafisici primordiali) , la vegetazione (immagine del paradiso) , gli animali (figure araldiche), la simbologia dei bordi e del centro che esprime il rapporto tra il corpo e il cuore o tra il nostro mondo e il paradiso. Certi poemi persiani paragonano il tappeto ad un giardino paradisiaco, sempre fiorito e profumato, di un cielo stellato, la cui bellezza dissipa le preoccupazioni. Nonostante certi elementi simbolici si ritrovino sempre, ogni città e ogni tribù ha la sua interpretazione dei segni e la sua stilizzazione simbolica.
Nel tappeto, come in tutte le arti iraniche, il simbolo è la relazione vivente tra Dio e l’uomo, tra l’anima e il mondo, tra la società e la natura. I suoi significati sono immutabili come lo spirito, ma anche vari come gli individui e la conoscenza.
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