Il mosaico di specchi

“La verità era uno specchio che cadendo dal cielo si ruppe.
Ciascuno ne prese un pezzo
e vedendo riflessa in esso la propria immagine,
credette di possedere l’intera verità.”

Gialal al-Din Rumi, poeta e mistico persiano (XIII secolo)

Gli specchi, già usati in Anatolia, Mesopotamia e nel Nord Ovest della Persia quattro mila anni prima di Cristo, in forme convesse, rotonde o ovali e creati da dischi di rame, in epoca classica romana, ancora importati dalla Giudea e dall’Egitto, furono usati in prevalenza in forma quadrata.
Le manifatture di vetro veneziane sono documentate a partire dal 8° secolo a Torcello e Aquileia e trasferite poi a Murano nel 1200 d.C., sempre ad opera di artigiani di origine semitica.
Il “vetro di latte” la cui lavorazione richiedeva settimane e sostituì in molti usi la costosa porcellana cinese, ritornò poi, grazie agli scambi lungo la Via della Seta, ma spesso in frantumi, verso la Persia, favorendo così il suo ampio uso nell’architettura persiana fino al giorno d’oggi.
I frammenti di specchio costituirono quindi un elemento tipico dell’architettura persiana sia religiosa che non: il mosaico di specchi.